L’ALCOL E I MIGRANTI

Sul consumo di sostanze psicotrope da parte delle persone adulte migranti nel nostro paese, vi sono molte discussioni ancora aperte, in quanto di fatto non si hanno dati certi sulle persone migranti assistite dai Servizi Sanitari di riferimento.

Molto spesso, infatti, si è di fronte ad una popolazione per lo più in una condizione irregolare e quindi “nascosta” e sfuggente ad un controllo epidemiologico quantitativo.
Negli ultimi anni assai diffusa nella popolazione migrante è l’assunzione sregolata di alcol in quanto, grazie alla sua facile reperibilità, alla sua accessibilità economica e alla sua accettazione sociale, può costituire una sostanza sostitutiva di altri stupefacenti o può risultare un notevole potenziatore degli effetti delle droghe illegali.
Il consumo/abuso di bevande alcoliche, discorso estendibile a tutti i fenomeni sociali, non può essere ricondotto ad un’unica causa. Occorre partire dal presupposto che la condizione di dipendenza varia da persona a persona, anche sulla base della compresenza di complessi e variabili fattori di ordine biologico, psicologico, sociale e culturale che interagiscono in maniera dialettica tra loro.
Per comprendere maggiormente l’ambivalenza della funzione dell’uso di alcol è indispensabile un’analisi del contesto sociale e culturale; storicamente vengono messi in evidenza i valori nutritivo, farmacologico, rituale e socializzante (in riferimento a quest’ultimo la funzione di indurre modifiche del comportamento per cui si ricorre all’alcol con lo scopo di intervenire sulla sfera delle relazioni interpersonali).