L’alcol ha spesso il ruolo di coadiuvante nelle situazioni socializzanti perché in grado di realizzare un effetto disinibente soprattutto in quelle personalità introverse e fortemente inibite. La maggior parte degli aspetti educativi e dei processi di socializzazione si basa su regole volte a rinviare il soddisfacimento di stimoli pulsionali, quando questi meccanismi inibitori sono introiettati in maniera eccessivamente rigida possono inibire la persona, rendendola timorosa nell’approcciarsi all’altro e portandola a chiudersi in un isolamento forzato e non desiderato.
L’alcol può essere assunto in tali contesti come elemento disinibente, provocando modificazioni comportamentali in seguito alla sua azione sui centri inibitori cerebrali. Spesso la persona che abusa di alcol riferirà di sentirsi più tranquillo, maggiormente sicuro e adeguato nelle situazioni sociali e meno propenso a criticarsi e a rimproverarsi. L’effetto disinibente dell’alcol si può ricondurre quindi a una riduzione dei processi critici, un soggetto può avvalersi del suo utilizzo per esempio per affrontare un compito, una prestazione o una situazione sociale o affettiva nuova. Tale utilizzo della sostanza, però, pregiudica le risorse attivabili della persona, in quanto l’alcol subentra in tutte quelle situazioni che il soggetto non crede di poter affrontare da solo, andando quindi a rinforzare la percezione negativa che ha di sé stesso. Inoltre l’assunzione di alcol come disinibente può produrre in alcuni soggetti atteggiamenti di incontinenza emotiva in cui il bevitore diventa auto centrato e pretende continua attenzione e interesse da parte dell’altro. Allentando le difese e gli aspetti inibitori, il soggetto che assume alcol può inoltre diventare maggiormente aggressivo e litigioso, attuando atteggiamenti violenti e non controllabili, che possono mettere in serio pericolo anche dal punto di vista giudiziario.
Un accenno è da fare al binomio alcol e disturbi alimentari. Negli ultimi anni, con la diffusione di un modello femminile sempre più gracile ed emaciato, sono aumentati quei disturbi legati all’immagine di sé e del proprio corpo come l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa. Sembra che fino al 30% delle bevitrici problematiche possa ad un certo punto andare incontro a disturbi alimentari clinicamente significativi. A questo proposito un fenomeno che desta preoccupazione soprattutto negli Stati Uniti è quello chiamato “drunkoressia”, termine col quale si indica un nuovo anomalo e pericoloso comportamento alimentare diffuso fra le adolescenti: mangiare poco fino ad arrivare anche a digiunare per poter assumere forti quantità di alcolici. La volontà di dimagrire non è fine a sé stessa come nell’anoressia, ma è strumentale all’assunzione di alcol. Le ragazze possono non riuscire ad assumere alcolici quando hanno cibo nello stomaco, quindi digiunare è necessario per poter bere. Inoltre, nell’anoressia, per continuare a dimagrire è necessario mettere in atto altri comportamenti, dopo aver assunto piccole quantità di cibo, quali: autoinduzione del vomito, uso di lassativi, logorante attività fisica. Al contrario, l’assunzione di alcol, grazie al relativo introito di zuccheri, procura un senso di sazietà che permette di non avvertire la fame.
L’associazione alcol-disturbi alimentari permette di introdurre anche l’aspetto del controllo degli impulsi. Nei soggetti alcol-dipendenti sono spesso stati riscontrati aspetti impulsivi e compulsivi che rendono difficile ritardare le gratificazioni. Alcuni autori hanno teorizzato che alcuni tipi di bevitori siano caratterizzati da un tipo di personalità che tende ad assumere stati di forte irritabilità, anticonformismo, insofferenza verso le regole e aggressività provocando in tal modo un’incapacità nell’affrontare in maniera adeguata le richieste e le aspettative dell’ambiente da cui provengono.
Esistono varie teorie psicologiche che cercano di spiegare il fenomeno dell’alcolismo sotto varie chiavi di lettura. Alcune focalizzano l’attenzione sugli aspetti interni del soggetto e sulle relazioni affettive sperimentate durante l’infanzia, altre parlano di comportamenti appresi all’interno dei contesti famigliari, altre ancora si concentrano sugli aspetti motivazionali e sociali. Al di là delle teorie specifiche non è semplice definire una o più personalità a rischio di strutturare una dipendenza alcolica. Vi sono numerosi fattori che intervengono e che non possono essere trascurati, come gli aspetti familiari, quelli ambientali e socio-culturali e le caratteristiche biologiche e questo è dimostrato dalla grande varietà di condotte alcoliche sperimentate. E’ bene dunque concludere che nonostante il fatto che alcuni aspetti psicologici sembrino essere comuni nei soggetti alcol dipendenti non è possibile restringere e ridurre le caratteristiche specifiche e peculiari delle persone a semplici e limitati criteri di inclusione diagnostica.
Spesso le classificazioni riducono e limitano una comprensione a più ampio raggio di quelle che sono le caratteristiche specifiche delle persone: come interpretano e vivono le relazioni e gli eventi della vita, come percepiscono e si rapportano a loro stessi e agli altri, in che modo sperimentano vissuti di solitudine, tristezza e abbandono. E’ preferibile dunque abbracciare una teoria aperta alla complessità ed in questo senso attenta alla specificità del singolo, piuttosto che una teoria tesa alla classificazione e all’inquadramento, che tende alla semplicità e alla correlazione causa-effetto, ma perde di vista la peculiarità delle storie e delle persone.